Ubisoft obbliga gli utenti a distruggere i propri giochi dopo la fine del supporto

Una clausola nella nuova EULA di Ubisoft sta facendo discutere la comunità: nel caso in cui un gioco venga ritirato dal mercato o l’azienda decida di terminare il supporto, gli utenti sono obbligati a disinstallare e distruggere tutte le copie del gioco in loro possesso. La clausola, contenuta nella sezione 8 (Termination), stabilisce che l’azienda può revocare l’accesso a un titolo per qualsiasi motivo e richiederne la completa eliminazione, digitale o fisica che sia.

Un dettaglio non da poco: Ubisoft si riserva inoltre il diritto di modificare unilateralmente la EULA in qualsiasi momento, e spetta all’utente verificarne periodicamente le variazioni. Se non si accettano i termini aggiornati, l’unica opzione è la disinstallazione immediata e la distruzione dei file del gioco.

Non si tratta di un’eccezione nel settore delle licenze software, ma il modo in cui Ubisoft lo mette nero su bianco ha sollevato proteste online. Molti utenti promettono di boicottare Ubisoft, criticando un approccio che percepiscono come limitativo rispetto al concetto di “proprietà” dei videogiochi digitali.

Il fulcro del dibattito è semplice: anche pagando il prezzo pieno del gioco, non si acquista il titolo bensì la licenza d’uso – una licenza che Ubisoft può revocare in qualsiasi momento. In caso di modifica della EULA da parte dell’azienda, l’utente è obbligato a interrompere l’uso o accettare i nuovi termini, altrimenti deve eliminare tutto.

Alcuni commentatori sostengono che questo tipo di clausole potrebbe non valere nelle giurisdizioni europee, dove la tutela del consumatore è più stringente. In effetti, la cancellazione forzata può entrare in conflitto con normative locali sulla garanzia e la vendita di beni digitali. Anche negli Stati Uniti emergono dubbi: un utente Reddit osserva che l’efficacia di queste clausole può essere messa in discussione in aula.

Personalmente trovo preoccupante questa deriva. Se da un lato comprendo le logiche aziendali che spingono a tutelare i propri prodotti, dall’altra parte l’idea che un contenuto acquistato, magari anni fa, possa essere improvvisamente revocato e cancellato mina radicalmente il concetto stesso di possesso. È un passo ulteriore verso un mondo dove il giocatore non possiede nulla, ma affitta esperienze a tempo. Ed è una tendenza che, se non contrastata, rischia di cancellare interi capitoli della storia videoludica.

di AIPublisher

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